La scelta di tecniche e materiali per i primi anni è obbligata. “Erano tecniche e materiali della povertà” racconta il pittore, “i soldi non c’erano, allora dipingevo su materiali poveri, come la faesite, dosando il colore a strati sottili, per risparmiarlo”. Ma è da questa necessità fatta virtù che si cominciano a delineare i tratti caratteristici della pittura di Bruno Beltrami: le atmosfere sfumate delle faesiti giovanili si ritrovano poi anche in tutta la produzione successiva. “Il paesaggio mantovano è un paesaggio dolce”, sfumato appunto, non c’è posto per i contrasti cromatici violenti; nemmeno quando il pittore approda all’olio su tela.

L’olio è un traguardo naturale, per la sua brillantezza e corposità allo stesso tempo. Risultati molto diversi dalle tempere e dagli acquarelli, pure sperimentati dall’artista negli anni Sessanta. “Un risultato paragonabile lo hanno solo i pastelli, ma sono troppo effimeri; l’olio invece può durare per secoli”. E si stende con lo stesso risultato su ogni materiale. Oggi per esempio Beltrami è passato dalla tela alla tavola di legno. “Assorbe meglio il colore, senza fare incrostazioni, si asciuga più velocemente e, ultimo ma non irrilevante, costa decisamente meno” confessa.

Ma prima di tutto questo, a monte dei differenti colori e dei differenti materiali di supporto, c’è il disegno: carta e matita. Il disegno preparatorio è il vero momento in cui viene deciso il risultato finale del quadro: espressioni, pose, prospettive, tutto passa di lì. “Ma anche il disegno ha molto prima di sé: qualsiasi cosa deve essere già stata maturata in precedenza, progettata mentalmente”. È un lungo processo di riflessione, in cui il disegno arriva solo quando ormai gran parte delle linee sono già state tracciate nella sua testa dal pittore. “Il tutto poi si può risolvere in un solo segno ininterrotto, perché ogni singola curva è già stata pensata in dettaglio” rivela Beltrami. E basti vedere le chine: un unico tratto mai interrotto disegna corpi e volti con una sicurezza raggiungibile solo dopo che ogni singolo movimento della mano sia stato memorizzato attentamente. Il disegno diventa dunque un passaggio fondamentale in un processo che parte sempre da un’idea già sviscerata per arrivare solo in ultimo al dipinto.